Elżbieta Franke-Cymerman

Scritto per "Massima Women in Sport" | N° 5 | Febbraio 2014 

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Fotografia Guido Bollino | Torino | dicembre 2013

Elżbieta Franke-Cymerman

Il mondo al di qua della maschera

  “Jestes powolanana zawody do Budapesztu”. Elżbieta corre verso casa con un telegramma tra le mani, cinque parole che le fanno capire che la sua vita sta davvero per cambiare. Farà parte della nazionale Polacca di scherma ai mondiali di Budapest. E’ l’estate del 1959.

Elzbieta ed Egon Franke, foto albumElżbieta ha iniziato a tirare di scherma qualche anno prima a scuola, quasi per caso. Il professore di storia era il responsabile della squadra d’istituto e così, un po’ per curiosità e un po’ sperando di migliorare i suoi voti, un giorno aveva deciso di provare. Da quel primo pomeriggio in palestra lei ed il suo fioretto sarebbero stati inseparabili.

Elżbieta vincerà dieci campionati nazionali, rimanendo imbattuta per nove anni, parteciperà alle Olimpiadi e farà parte della squadra di fioretto che per prima vincerà una medaglia ai mondiali. Conoscerà Egon Franke, leggenda sportiva polacca, oro a Tokyo ’64, che sarà prima suo allenatore e poi suo marito. Con lui lascerà la Polonia per l’Italia dove diventerà maestra di scherma e formerà nuovi talenti, primo fra tutti suo figlio Piotr. Una vita che non sarebbe riuscita ad immaginare la prima volta in cui impugnò un fioretto ma che nella corsa verso casa di qualche anno dopo, con un telegramma tra le mani, riusciva già forse a sognare.

Elzbieta in partenza per CittÖ del MessicoPer Elżbieta lo sport ha rappresentato il riscatto, la gloria, gli affetti, una nuova patria, l’esperienza e l’esempio. Una vita così legata alla scherma da esserne totalmente inscindibile. Una vita tra mondi distanti, divisi. Mondi che si trovavano e confrontavano ad ogni manifestazione internazionale e ad ogni olimpiade. Gli atleti, eroi della nazione, erano tra i pochi ad avere il privilegio di viaggiare e vedere. Di fronte ai loro occhi il lustro dei paesi stranieri, visti sempre e solo nei giorni di massimo splendore, lasciava poco spazio alla nostalgia di casa. Elżbieta ricorda il mondiale a Torino del ’61, la vertigine data da quel mondo così diverso: “Era tutto nuovo, non avevamo mai visto quelle cose, non riuscivamo a concentrarci sulle gare, eravamo rapite da quello che ci circondava. Pensare che in mensa abbiamo visto per la prima volta una pera, l’abbiamo divisa in cinque parti, forse sei, per assaggiarne un pezzo a testa e scoprire che gusto aveva”. Poi le olimpiadi di Città del Messico e di Monaco, la ferita ad un ginocchio infertale durante uno scambio, il dolore, i punti di sutura ed il tentativo di continuare comunque, facendosi bendare la gamba in posizione di guardia. Ricorda l’atmosfera spensierata dei Giochi di quegli anni ed il rumore degli spari di Settembre Nero.

Ritratto di Elzbieta_sDella Polonia del tempo, molto diversa dall’attuale, il ricordo è più buio: “c’erano persone in coda già all’alba per il pane o per altri generi di prima necessità, mentre sugli scaffali dei negozi si vedevano solo bottiglie d’aceto e pacchi di tè. Nelle trasferte portavo sempre una valigia grandissima, quasi vuota, la riempivo all’estero di calze e vestiti, per poterli vendere o scambiare quando tornavo a casa”.

Nonostante tutto non ha mai smesso di amare la sua patria e non l’ha mai voluta lasciare per sempre, neanche quando, riuscita ad arrivare in Italia, avrebbe potuto farlo. Così con continue trattative per il rilascio di nuovi documenti e grazie anche all’intervento del Club Scherma Torino, dove ha insegnato per anni insieme al marito, Elżbieta è sempre riuscita a non separarsi mai dai luoghi della sua infanzia e dalla sua famiglia.

L’esperienza dell’insegnamento è stata più consapevole e matura; nel formare giovani talenti ha riversato la sua capacità in pedana e la sua forza morale, appassionandosi ancora di più ad uno sport in cui vedeva rispecchiarsi sempre maggiormente i valori da trasmettere alle nuove generazioni. Nel suo italiano sicuro spiega che riuscirebbe a riconoscere uno schermidore semplicemente vedendolo per un istante tra le gente. La scherma aiuta a pensare, ad essere creativi, insegna il coraggio di affrontare un avversario e le proprie paure, insegna a non cercare alibi e ad imparare dalle sconfitte. Ma lo fa in modo leggero, senza sermoni, perché nel solo gesto di dare la mano all’avversario, sempre, che si abbia vinto o si abbia perso, sono concentrati quasi tutti gli insegnamenti da portare con sé nella vita.


Fotografie tratte dall'archivio fotografico Franke

BIOGRAFIA

Elżbieta Cymerman è nata a Klimontów (Polonia) il 10 marzo 1940. Ha iniziato a praticare scherma all’età di quattordici anni, specializzandosi nel fioretto. Ha vinto nel 1959 l’argento ai campionati juniores per poi vincere l’oro nel 1960. Dal 1962 al 1972 è stata la più forte schermitrice polacca, restando imbattuta in patria per nove anni. A livello internazionale vanno ricordate la medaglia d’argento alle universiadi del 1965, l’oro ai campionati del Patto di Varsavia sempre nel 1965 e il bronzo a squadre ai mondiali del 1971. Ha partecipato alle Olimpiadi di Città del Messico 1968 e di Monaco 1972, allenata da Egon Franke, che diventerà poi suo marito. Dalla metà degli anni ’70 vive in Italia, prima a Firenze poi a Torino dove ha insegnato presso il Club Scherma Torino per quasi venticinque anni.

 
Scritto per "Massima Women in Sport" | N° 5 | Febbraio 2014
 

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