SECOND LIFE

Redrawn by sun, wind, rain and time, weather-worn posters gain a second life as spontaneous art gems hidden in the city.

Description: The work is composed of more than 200 selected poster pictures taken in the last ten years in London and other cities in Europe and Asia. At first sight, this project focuses on the aesthetics of weather worn posters, in reality, the project has significant connections with artistic movements such as Décollage and Readymades as well as focusing on the relationship between artist and artwork. It is also in close correlation with the times we live in and, therefore, it is about us and our lives. Posters, and in particular, advertising posters, are all around us, they have a single and well defined scope: to convey a message for a short amount of time. Then they’re left, exposed to the elements, useless, until they are removed or replaced. The artistic reaction to that is the capacity to find beauty in the spontaneous artistic value the weather worn posters gain, making the city a free and immense open-air museum. In the increasingly hyperspecialized world in which we live, time and events may also seem to be ruining our lives in a similar way to the posters. But maybe they are just redrawing us and our reaction should be the ability to see the “new beauty” we have gained.

In more details: This work presents a natural similarity to the artworks of the Décollage movement of the 1950s. The subject of this work is, in reality, connected to it in a peculiar loop; at the same time, both the origin of the Décollage and its opposite. Décollage artists such as Dufrene, Rotella, Hains, were attracted by weather worn posters as an inspiration and they used lacerated posters to express their art. The lacerated poster was produced by overlaying poster on poster, the multilayers were then modified by scratching or removing sections. Independently from the techniques used, the main point of the Décollage, as of almost all art, is the will of the artist. Décollage is a creative process in which the artist creates their artwork according to their will. Thus, the product becomes an artwork because it was created by the artist. Artist and artwork, particularly in modern art, live this strong dualism. An example of the extreme consequences of this dualism are the works of Pietro Manzoni. The most famous is the “Artist’s shit”, but he also produced the “Artist’s breath” (balloons filled with his own breath). Manzoni’s point was that the true symbolic value of a work lies in the relationship with the artist’s body. Simplifying the concept for the purpose of this description, the point was that everything created by the artist is an artwork, even including his shit. Other examples are the Readymades of Marchel Duchamp, in which the artist, by their mere choice, elevates to the dignity of a work of art ordinary objects as illustrated by the “Fountain” (a porcelain urinal) or the “Bottle Rack”. The defining characteristic of “Second Life”, which make this work the opposite of the Décollage works, is the absence of the creative process, therefore the absence of the artist (as creator). If it has been demonstrated that the artist can make everything a work of art, can the conceptual opposite be true? Can an artwork exist without an artist? Over the last ten years I have sought out thoroughly the most meaningful weather worn posters in the cities I have lived in or visited. I selected, framed and isolated them from their context to give them the same “dignity” they would have had if created by an artist and exposed in a museum. I haven’t modified any of them, only natural elements and the city life did that. Some of them were already perfect, while for some others I waited weeks or months until they were ready to be “portrayed”, hoping they weren’t removed.

The finest products of this spontaneous art have the same strength and same expressiveness as those of “official” art, but they are free and may be waiting for us just around the next corner, we only need to watch them with the consideration they deserve. Advertising posters lose their purpose in a few days or weeks and then they are left exposed to the elements. That’s the start of the process. The combination of sun, rain, wind, scratches, ungluing, detachments, all modify them, changing them aesthetically and, in some case, also changing their meaning. They live a second life, quite often a lot longer than their first one, as art gems hidden in the city. Their silent protest against consumerism and the passing of time is the beauty they gain just before disappearing, like the agave plant that produces only one flower just before its death.

SECOND LIFE

Ridisegnati da sole, vento, pioggia e dal tempo, i manifesti vivono una seconda vita come opere d’arte spontanea esposte nelle città.

Descrizione: Il progetto è composto da più di 200 immagini scattate negli ultimi dieci anni a Londra e in altre città europee e asiatiche. A prima vista questo progetto si concentra sull’estetica dei manifesti esposti alle intemperie, ma oltre a questo aspetto, il progetto ha legami significativi con il movimento artistico del Décollage, oltre a concentrarsi sul rapporto tra artista e opera d’arte. Il lavoro è anche in stretta correlazione con i tempi in cui viviamo e, di conseguenza, riguarda direttamente noi e le nostre vite. I manifesti, e in particolare i manifesti pubblicitari, sono onnipresenti nelle città e hanno un unico e ben definito scopo: veicolare un messaggio per un breve lasso di tempo. Dopo di che vengono dimenticati, esposti alle intemperie, inutili, fino a quando non vengono rimossi o sostituiti. La reazione a questo destino è la capacità apprezzare il valore artistico che i manifesti rovinati acquistano in modo spontaneo, rendendo la città un immenso museo a cielo aperto. Nel mondo sempre più iperspecializzato in cui viviamo, il tempo e gli eventi sembrano a volte influenzare le nostre vite in modo simile a quanto avviene per i manifesti. Forse però ci stanno solo ridisegnando e la nostra reazione dovrebbe consistere nella capacità di vedere la “nuova bellezza” che abbiamo acquisito.

Più in dettaglio: Questo lavoro presenta una naturale somiglianza con le opere d’arte del movimento del Décollage degli anni ’50. I manifesti pubblicitari, fulcro di questo progetto, sono in realtà connessi a questo movimento artistico in modo particolare; sono infatti, allo stesso tempo, sia l’origine del Décollage sia il suo opposto. Artisti come Dufrene, Rotella, Hains, sono stati ispirati dai manifesti rovinati e li hanno usati come strumento espressivo, le loro opere venivano prodotte sovrapponendo vari manifesti, per poi modificarli, graffiarli o privarli di alcune parti. Indipendentemente dalle tecniche utilizzate, il punto principale del Décollage è la volontà dell’artista. Il Décollage è un processo creativo in cui l’artista crea la propria opera d’arte secondo la propria volontà. Di conseguenza, un’opera diventa opera d’arte perché creata dall’artista. Artista e opera d’arte, in particolare nell’arte moderna, vivono questo forte dualismo. Un esempio estremo sono le opere di Pietro Manzoni. La più famosa è la “Merda d’artista”, ma vale la stessa considerazione per il “Respiro d’artista” (palloncini gonfiati dall’artista). Il punto di Manzoni è che il vero valore simbolico di un’opera sta nel rapporto con il corpo dell’artista. Semplificando il concetto ai fini di questa descrizione, il punto è che qualsiasi creazione dall’artista possa essere un’opera d’arte, compresi i suoi escrementi. Un esempio, per certi versi opposto, sono i Readymades di Marchel Duchamp, in cui l’artista, per sua mera scelta, eleva alla dignità di opera d’arte oggetti ordinari come la “Fontana” (un orinatoio in porcellana) o il “Portabottiglie”. La caratteristica distintiva di “Second Life”, che si pone all’opposto dei Décollage, è l’assenza del processo creativo, quindi l’assenza dell’artista (come creatore). Se è accettato che l’artista possa fare di tutto un’opera d’arte, può essere vero il contrario? Può esistere un’opera d’arte senza un artista? Negli ultimi dieci anni ho cercato i manifesti rovinati nelle città in cui ho vissuto o visitato, li ho selezionati, inquadrati e isolati dal loro contesto per dare loro la stessa “dignità” che avrebbero avuto se creati da un artista ed esposti in un museo. Non ne ho modificato nessuno, solo gli elementi naturali e la città lo hanno fatto. Alcuni erano già perfetti, mentre per altri ho aspettato settimane o mesi prima che fossero pronti per essere “ritratti”, sperando che non venissero rimossi o coperti. I migliori prodotti di quest’arte spontanea hanno la stessa forza e la stessa espressività di quelli d’arte “ufficiale”, ma sono gratuiti e possono aspettarci dietro ogni angolo, basta guardarli con la considerazione che meritano. I manifesti pubblicitari cessano la loro funzione in pochi giorni o settimane e poi vengono lasciati esposti alle intemperie. Questo è l’inizio del processo. La combinazione di sole, pioggia, vento, graffi, scollature, distacchi, li modificano, li cambiano esteticamente e, in alcuni casi, mutano anche il loro significato. I manifesti vivono una seconda vita, spesso molto più lunga della prima, come opere d’arte nascoste nelle città. La loro silenziosa protesta contro il consumismo e il passare del tempo è la bellezza che acquistano poco prima di scomparire, come la pianta di agave che produce un solo fiore poco prima di morire.

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