Moustache Brothers

01/02/2021

Ho incontrato Lu Maw una mattina nella sua casa a Mandalay, qualche giorno dopo aver assistito ad uno dei suoi spettacoli con i Mustache Brothers. Abbiamo parlato, per quanto riuscivamo a capirci, della satira e del regime, delle rappresentazioni che con l’ironia deridevano il potere e del carcere che lui e i suoi fratelli avevano dovuto subire come conseguenza dei loro affronti e che aveva portato alla morte di uno di loro, Par Par Lay. Grazie all’appoggio internazionale erano riusciti a riconquistare un po’ di libertà ma a patto di significative rinunce. Una tra le più dolorose era stata quella di tradurre i loro spettacoli in inglese e di realizzarli solamente presso la loro abitazione, in un teatrino improvvisato nel garage. Questo aveva depotenziato incredibilmente le loro performances, riducendole a rappresentazioni folkloristiche per turisti, separandoli definitivamente dal loro reale pubblico, la gente dei villaggi che l’inglese non lo conosce e che grazie a loro aveva imparato a ridere della paura. Gli ho parlato del mio progetto, delle foto scattate all’alba, del risveglio del Myanmar in quello che all’epoca sembrava un nuovo periodo di pace. Così ci siamo messi a pensare a quale immagine potesse rappresentare meglio il nostro incontro. Poi l’idea di Lu Maw. Si sarebbe messo dietro la serranda del garage, quello che in qualche modo era diventato il suo nuovo carcere e da dietro quelle sbarre si sarebbe inventato qualcosa. Quando vide la foto iniziò a ridere e gridare Viking! Viking! Anche quella volta era riuscito a strappare un sorriso nonostante quelle sbarre, anzi usandole come elemento della sua ironia. In queste ore di incertezza e di paura in cui le notizie si sovrappongono e contraddicono, il mio pensiero va al meraviglioso popolo birmano, a Lu Maw e a tutte le persone che ho avuto la fortuna di conoscere.

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