TRACES
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Traces ha come soggetto la vita e le estreme contraddizioni di una regione remota come l’Angmagssalik, nella Groenlandia dell’est. Questa regione, circondata e protetta dai ghiacci, è rimasta isolata fino al 1890 circa, quando le prime barche a motore, potendo navigare più agilmente fra gli icebergs, poterono raggiungere le sue coste. In poco più di cento anni gli abitanti di quei piccoli insediamenti lungo il mare hanno assistito, e in qualche modo subito, una civilizzazione forzata che li ha portati, nel tempo di qualche generazione dall’età della pietra ai giorni nostri.
Oggi l’intera regione dell’Angmagssalik conta circa duemilacinquecento abitanti sparsi in una manciata di piccoli villaggi il cui centro principale è Tasiilaaq. Non ci sono strade e gli abitanti raggiungono i villaggi vicini via mare, durante la breve estate, o in slitta durante l’inverno. Il popolo Inuit che ha abitato per millenni questa terra circondata dai ghiacci, è vissuto e sopravvissuto solo grazie alla caccia e alla pesca, vivendo in tende coperte di pelli animali o in rifugi scavati nel terreno. L’avvento della modernità ha cambiato completamente i paradigmi della loro esistenza, portando con sé un senso diffuso di smarrimento, di inadeguatezza verso il mondo moderno e una lenta e inesorabile perdita delle tradizioni.
Insieme alla speranza che le generazioni future possano riscattarsi da questa condizione, non si può che non ascoltare, nascosto tra i sorrisi e tra i gesti di una ospitalità innata, un pianto silenzioso accompagnare questo lento abbandono del passato. Un pianto che non diventa mai lamento, perché l’orgoglio e la forza che gli Inuit hanno dovuto dimostrare per millenni non permettono loro di lamentarsi. Non resta quindi che condividere momenti di quotidianità e raccogliere con pazienza le tracce di ogni storia che non si potrà facilmente ascoltare. Il progetto fotografico si centra quindi sulle tracce che la storia di questi ultimi anni ha lasciato dietro di sé. Una traccia sono le case in legno arroccate su scogli che scendono in un mare colmo di icebergs, così come sono una traccia le immagini di santi cristiani appese vicine ad amuleti scolpiti nelle ossa di balena. Una traccia sono i giochi dei bambini che mimano cacce e pesche leggendarie e una tracia sono i container accatastati in porto simbolo della totale dipendenza dalla Danimarca. Il racconto si origina quindi da queste tracce concentrandosi sul loro significante e lasciando che la narrazione si sviluppi usando le immagini.
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TRACES
The subject of “Traces” is the life and the extreme contradictions of a remote region called Angmagssalik, on the east coast of Greenland. This region, surrounded and protected by the ice, was isolated until the 1890s, when the first motor boats, which can easily navigate between icebergs, reached its coasts.
In little more than a hundred years, the inhabitants of these small settlements, underwent and, in some way, suffered a forced civilisation which brought them from the stone age into the present day.
Today, in the entire Angmagssalik region, around 2500 people are living, scattered across a handful of small settlements. There are no roads and the inhabitants move between villages by boat during summer, or using dog sledges in winter. The Inuit People survived in this region completely isolated for thousands of years and the advent of modernity completely changed the paradigm of their lives, bringing a sense of inadequacy and a progressive loss of traditions.
Inuits are a proud and kind population, used to suffering and survival in one region with the worst climate conditions on Earth. Their cries for today’s conditions are silent and hidden in their smiles and innate hospitality. Thus, there is no alternative but to live with them, share moments of everyday life and collect the traces of their stories which are not easy to listen to. One trace is the small wooden houses clinging to rocks between icebergs. Another trace is the children playing and miming legendary hunting. Yet another trace is the pictures of Christian Saints hung close to shamanic amulets whilst another trace is the crammed container at the port, emblematic of dependence on Denmark.
The story, therefore, starts from these traces, focusing on their meaning, and letting the narration develop using images as cue, hyperbole, paradox.